LAVORARE DA CASA RIDUCE IL CO2 DI 214 MLN DI TONNELLATE L’ANNO

Pubblicato il 4 Marzo 2020

Per chi lavora in ufficio, le giornate si svolgono tutte nello stesso modo: sveglia spesso all’alba, tanto tempo perso nel traffico per raggiungere il posto di lavoro, otto ore in ufficio davanti a un computer e poi di nuovo in qualche ingorgo per tornare a casa. Tutto questo per cinque giorni alla settimana, lasciando poco tempo da dedicare alla propria vita. Per molti c’è una soluzione diversa, che dopo le iniziali perplessità sta prendendo piede anche in Italia, dove è stata regolamentata anche nella legge di bilancio 2019: lo smart working, un nuovo approccio al lavoro senza vincoli di orario basato sul raggiungimento di obiettivi prefissati dall’azienda che non prevede la presenza costante del dipendente in ufficio.

Nel 2019 in Italia il numero di “lavoratori agili” ha toccato quota 570mila. Anche nel settore pubblico, per esempio in alcuni uffici regionali, comuni e ministeri, è stata avviata negli ultimi mesi una sperimentazione che permette agli impiegati di lavorare da casa un paio di giorni alla settimana.

I vantaggi non riguardano soltanto il benessere dei lavoratori e la produttività dell’azienda: uno studio del 2018 ha messo in evidenza anche come lavorare dalla propria abitazione oltre a migliorare la salute degli impiegati faccia bene anche all’ambiente. Uno studio afferma che una diffusione su vasta scala del lavoro flessibile ridurrebbe i livelli di diossido di carbonio di 214 milioni di tonnellate l’anno entro il 2030, più o meno la stessa quantità che verrebbe sottratta dall’atmosfera dall’opera di 5 miliardi e mezzo di alberi. In più si risparmierebbero le 3,53 miliardi di ore impiegate ogni anno per raggiungere il posto di lavoro, l’equivalente del tempo passato al lavoro annualmente da circa 2 miliardi di persone.

Nel solo Regno Unito, dove i tempi di percorrenza medi tra l’abitazione e il lavoro oscillano tra i 60 e gli 80 minuti, si risparmierebbero 7,8 milioni di tonnellate di CO2 entro il 2030 e si eviterebbe di trascorrere 115 milioni di ore annue sui mezzi pubblici o privati durante lo spostamento casa lavoro. Numeri paragonabili a quelli dell’Italia dove il 40% delle persone impiega oltre un’ora al giorno nel tragitto di andata e ritorno tra la propria abitazione e il posto di lavoro

Attualmente il Paese in cui si sta facendo sempre più spesso ricorso al lavoro flessibile è la Svezia, dove è già una possibilità per il 51% dei lavoratori. Seguono la Repubblica Ceca, la Slovacchia e la Norvegia, la Germania, l’Austria, l’Inghilterra e l’Italia. Lo sviluppo di questa pratica è ancora lontana dal suo potenziale reale, se si pensa che solo entro il 2030 nella maggior parte delle economie sviluppate una percentuale di impieghi compresa tra l’8% e il 13% potrà beneficiare di pratiche di lavoro flessibile.

Il lavoro flessibile è uno strumento molto potente e non bisogna fare l’errore di pensare che a trarne beneficio siano solo le aziende o i singoli lavoratori, perché anche la società e l’economia nel loro complesso hanno da guadagnarci. Le aziende non devono lasciarsi sfuggire l’opportunità di entrare a far parte di questa rivoluzione dello spazio di lavoro. Quando pensiamo a cosa può fare nel suo piccolo ognuno di noi per limitare i danni dell’emergenza climatica la prima risposta potrebbe essere proprio questa: essere smart, anche sul posto di lavoro.


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