VAD: L’IMPIANTO CHE AIUTA IL CUORE

Pubblicato il 29 Giugno 2020

TRIS DI CUORI IN ATTESA DEL POKER
Un cuore che batte e che non accetta di spegnersi. Mai.

Cos’è un impianto VAD e a cosa serve?

Per spiegarlo riportiamo l’intervista in dieci passi di Catalina Curceanu all’Ing. Fabio Bollato (portatore di impianto VAD dal 2018)

 

C: Fabio, siamo tutte due scienziati – io studio la fisica quantistica e quella delle particelle, mentre te ti dai da fare per ottimizzare l’utilizzo dell’energia Solare.

Ma anche delle tue energie, perché Fabio, diciamoci la verità, tu sei un uomo che ha avuto un tris di cuori grazie proprio alla scienza. Sei un portatore di VAD – anzi, sei arrivato al secondo VAD, ed ecco perché il tris. Cosa e’ il VAD e come funziona?

F: Per me il VAD è la  speranza. Ho avuto il mio primo VAD nel 2018 e il secondo ad Aprile di quest’anno.

Un VAD(Ventricular Assistant Device)  è una vera e propria pompa meccanica che sostituisce la funzione del ventricolo sinistro, destro o entrambi. Nella maggior parte dei casi viene utilizzato un dispositivo di assistenza ventricolare sinistra (LVAD) per supportare il ventricolo sinistro. Il dispositivo viene impiantato nella punta del cuore. Ha due batterie collegate con il mio cuore. E mi mi tiene in vita.

 

C:Quanti anni hai, Fabio, e come e perche’ hai un VAD?

F: Ho 37 anni, compiuti da poco. Nella mia vita, questo dispositivo(fino ad allora a me sconosciuto) è entrato a far parte a causa di una malattia congenita familiare, dovuta ad un pregresso di mio padre.

Ricordo ancora il giorno in cui la diagnosi è entrata così violentemente nella mia vita.

Una cardiomiopatia acuta. Nessuna cura, nessun miglioramento. Se non la creazione di un ponte tra il mio cuore e quello nuovo da trapiantare. E questo ponte mi permette di far battere il mio cuore sempre

 

C: Tre cuori, e quanti amori?

F: L’amore è nell’uso comune un sentimento di affetto che si prova verso l’altro. Mi sono innamorato, certo. Ho provato l’amore con il mio cuore reale, senza il VAD, dove il corso della vita ha tessuto la sua trama. Storie finite in bene o in male dopo anni.

E poi mi sono innamorato con il VAD. Un’esperienza nuova. Dove è stato faticoso accettarsi e non farsi prendere dalla paura di affrontare la vita “condivisa”. Un soprannome dato al mio VAD era “Fritz!”.

È stato bellissimo ma travagliato, sofferto e agonizzante ma ho resistito al duro colpo. Ci vuole tanta forza quando il cuore, a livello emozionale, si frattura. E’ uno schianto cosi violento che non basterebbero tanti VAD per guarirne.

Ma credo anche che la migliore dimostrazione di amare davvero qualcuno sia lasciare la presa. Accettando la libertà della persona che si ama senza opporre grande resistenza. È una dimostrazione onesta di amore.

Con un VAD non è facile farmi amare. E forse non sarò in grado mai di amare. Se dovessi pensare al mio futuro ora, vedo una grande nave in mezzo ad un’onda in tempesta.

La vita mi ha messo sulla strada persone ed esperienze che mi hanno aiutato a crescere e a rialzarmi più forte ad ogni caduta.

Ed ora io sono proprio così. Dolorante dalla caduta ma in forze per ricominciare.

 

C: Cosa puoi e cosa non puoi fare, cosa ti manca?

F: La vita con un apparecchio come il VAD non è semplice ma neanche così complicata. Posso fare la spesa, e questo per me è tanto. Sono un appassionato di supermercati e volantini. Posso camminare, lavorare, ridere, stare insieme agli altri. E sono cose che non do più per scontato.

Non posso fare il bagno al mare, per intero. Ma posso bagnare i miei piedi e sentire quella sensazione di libertà.

Non posso correre o giocare a tennis, non posso partecipare a gare da maratoneta.

Non posso dormire a sonno pieno, perché vivo con l’ansia delle mie batterie che si scaricano. Ma il lato positivo è che non posso russare così tanto.

 

C: La scienza, che ruolo ha nella tua vita?

F: Fin da piccolo avevo le idee molto chiare. Volevo fare lo scienziato o il matematico. Alla fine, faccio l’ingegnere nel campo della ricerca. L’ingegneria ad oggi è la “teoria della tecnologia” e di questo ne sono sempre stato appassionato e affascinato.

Nel mio lavoro, fatto di tanto calcolo,statistica e tanto studio sulle probabilità, ho avuto la possibilità di avere un nuovo approccio al mio VAD. Un approccio da ricercatore per l’esattezza. Ho studiato il mio apparecchio sia dal lato “elettronico” che dal lato “development”. Ho imparato a conoscerlo.

Grazie alla sinergia tra medici e noi ingegneri si sono compiuti tanti progressi nella conoscenza e nel trattamento di malattie cardiache.

Ho partecipato a progetti di simulazione e modellazione di dispositivi medici come stent e valvole cardiache artificiali simulando la loro iterazione meccanica.

 

C: Sei felice Fabio?

F: Una domanda eterna, se si è felici.

Rispondo con una frase di Aristotele: “la felicità dipende da noi stessi ”.

Dipende da me. Sono sereno e non felice. La felicità sarà per me tornare a casa, posare lo zaino dopo il lavoro, guardare la mia donna e i miei figli e salutarli ogni sera al rientro.

E ringraziare il mio VAD che permetterà eventualmente tutto ciò.

 

C: Quanti italiani vivono con un cuore VAD? Quale futuro?

F: In Italia c’è una media di 300 impianti all’anno.

Il miglioramento tecnologico degli ultimi anni ha permesso di trasformare il VAD da “terapia ponte” in attesa del trapianto,a trattamento alternativo (destination therapy), in caso di controindicazioni all’intervento.

Se si pensa ai primi modelli impiegati all’inizio negli anni ‘80 con pompa esterna, talmente ingombranti da richiedere il ricovero del paziente immobile in un letto di rianimazione, in attesa del trapianto, e li paragoniamo ai modelli attuali, la differenza è abissale.

I primi VAD potevano necessariamente essere utilizzati solo per qualche giorno, oggi ci sono portatori con device impiantati da più di 4 anni, che grazie al VAD sono ritornati ad una vita pressoché normale, proprio come me.

Trent’anni fa, nel 1988 il Niguarda è stato tra i primi centri italiani ad aprire la via per l’utilizzo di questi dispositivi e da allora ne sono stati impiantati oltre 400.

In futuro l’evoluzione tecnologica e la ricerca permetterà di disporre di VAD sempre più raffinati ed affidabili per il trattamento della quota crescente di pazienti con scompenso cardiaco cronico e refrattario alle terapie convenzionali.

 

C: Sei in attesa del, chiamiamolo cosi’, quarto cuore – quello definitivo per fare il poker: un cuore trapiantato! Come vivi quest’attesa?

F: Il periodo di attesa del trapianto è probabilmente il più difficile, contrassegnato da emozioni contrastanti, con l’animo sospeso tra il desiderio di ricevere la chiamata e il timore per l’intervento chirurgico. C’è da gestire un’attesa per qualcosa che non sai se e quando arriverà e con il timore che si possa non fare in tempo. Dal punto di vista clinico tutte le attenzioni sono rivolte ad “allungare” questo tempo il più possibile così da rendere più probabile il reperimento di un donatore compatibile.

 

C: La donazione degli organi – cosa ci dici al riguardo Fabio?

F: Donare è dare vita. È essere solidali con la vita.

Donare organi è un’azione che tutti noi possiamo fare. È un gesto bellissimo perché una persona che sta morendo può comunque riaccendere la vita ad un’altra persona.

La lezione più importante? Dare alla propria salute la considerazione adeguata e “portarsi rispetto” per portarlo poi a tutti gli altri, anche nel gesto di estrema generosità di donarsi nel momento in cui una vita finisce per ricominciare in quella di un altro.

Abbiamo condiviso noi tutti portatori di VAD e trapiantati le nostre storie in un sito portatoridivad.it, dove ognuno racconta la propria esperienza dell’attesa o addirittura nell’aver ricevuto la vita da un’altra persona.

Sensibilizzare la donazione degli organi è fondamentale.

 

C: Quanto vale un cuore?

F:Tutto. Tutta la mia vita.

Un cuore che batte e che non accetta di spegnersi. Mai

 


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